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OCCHIO...
ALLA FISICA
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LA RIFRAZIONE DELLA LUCE
Quando la luce colpisce la superficie di separazione tra due materiali trasparenti, in genere, una parte viene riflessa, con un angolo di riflessione uguale all’angolo di incidenza, e una parte continua a propagarsi oltre la superficie di separazione.
Se il raggio incidente non è perpendicolare alla superficie di separazione, il raggio che penetra nel secondo materiale ha una direzione diversa da quella del raggio incidente. Questo fenomeno è chiamato rifrazione.
Sappiamo che la luce si propaga nel vuoto alla velocitÃ
Quando la luce si propaga in altri mezzi, come l’aria, l’acqua e il vetro, gli atomi della materia in parte la assorbono, in parte la riemettono e in parte la diffondono. Perciò la velocità della luce in un mezzo diverso dal vuoto è minore di c e il suo valore dipende dalla natura del materiale.
Possiamo definire l’indice di rifrazione n di un materiale come il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto c e la velocità della luce v nel materiale:
I valori di n sono maggiori di 1 perché la velocità della luce nel vuoto è maggiore di quella in qualunque altro materiale.
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La direzione del raggio rifratto dipende dall'indice di rifrazione del mezzo in cui esso si propaga.
• quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione minore (l’aria) a uno con indice di rifrazione maggiore (l’acqua), il raggio rifratto si avvicina alla normale ;
• quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione maggiore (l’acqua) a uno con indice di rifrazione minore (l’aria), il raggio rifratto si allontana dalla normale.
Il raggio rifratto mostra uno dei seguenti comportamenti:
Non c'è cambiamento nella direzione di propagazione se non cambia l'indice di rifrazione, ma maggiore è la differenza tra gli indici di rifrazione di due mezzi e maggiore è il cambiamento della direzione di propagazione;
inoltre se un raggio di luce va da un mezzo ad un altro lungo la normale, non viene deviato, indipendentemente dall'indice di rifrazione.
In entrambe le situazioni l’angolo di incidenza, l’angolo di riflessione e l’angolo di rifrazione sono misurati rispetto alla normale alla superficie di separazione nel punto di incidenza.
L’angolo di rifrazione θ2 dipende dall’angolo di incidenza θ1 e dagli indici di rifrazione n1 e n2 dei due mezzi.
La relazione tra queste grandezze è chiamata legge della rifrazione di Snell , dal nome del matematico olandese Willebrord Snell (1591-1626) che la scoprì sperimentalmente.
LEGGE DELLA RIFRAZIONE DI SNELL:
Quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione n1 a un mezzo con indice di rifrazione n2, il raggio incidente, il raggio rifratto e la normale alla superficie di separazione dei due mezzi nel punto di incidenza giacciono tutti nello stesso piano e l’angolo di rifrazione θ2 è legato all’angolo di incidenza θ1 dalla relazione:
La rifrazione è responsabile di numerose illusioni ottiche comuni:
PROFONDITA' APPARENTE:
Per comprendere questo fenomeno supponiamo di essere su una barca in mezzo al mare e osservare una cassa sul fondo.
Prolungando dentro l’acqua i raggi che viaggiano nell’aria (le rette tratteggiate), si vede che essi si intersecano in un punto che è l’immagine virtuale della cassa vista dall’osservatore e che questa immagine si trova a una profondità apparente minore della profondità reale. L’immagine è virtuale perché i raggi luminosi non passano realmente per essa.
In questa situazione è difficile determinare la profondità apparente.
Possiamo, quindi, supporre di essere sulla verticale della cassa. In questo caso la profondità apparente d′ è legata alla profondità reale d dalla relazione:
dove n1 è l’indice di rifrazione del mezzo in cui viaggiano i raggi incidenti (cioè il mezzo in cui si trova l’oggetto che emette la luce) e n2 è l’indice di rifrazione del mezzo in cui viaggiano i raggi rifratti (cioè il mezzo in cui si trova l’osservatore).
Un altro esempio è quello di una matita immersa in un bicchiere d'acqua, la quale appare piegata, sebbene essa sia ancora perfettamente dritta.
In figura vediamo che i raggi che escono dall'acqua si allontanano dalla normale e fanno sì che la matita appaia come se fosse più in alto della sua posizione reale. Anche questo è un esempio dell'effetto noto come profondità apparente, per cui un oggetto appare più vicino alla superficie dell'acqua di quanto realmente non sia.
Analogamente la rifrazione può causare un miraggio, per cui un terreno caldo e asciutto visto da lontano appare come se fosse coperto d'acqua. L' aria calda vicino al suolo è meno densa e quindi ha un indice di rifrazione minore dell'aria più fredda, più in alto. Perciò quando la luce si propaga verso terra, viene allontanata dalla normale finchè, alla fine, non viaggia verso l'alto ed entra negli occhi dell'osservatore. Quella che sembra essere una pozza d'acqua riflettente, quindi, è in realtà un'immagine del cielo.
RIFLESSIONE TOTALE:
Quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione maggiore a un mezzo con indice di rifrazione minore (per esempio dall’acqua all’aria), il raggio rifratto si allontana dalla normale. Quando aumenta l’angolo di incidenza, aumenta anche l’angolo di rifrazione.
Quando l’angolo di incidenza raggiunge un certo valore, chiamato angolo limite θL, l’angolo di rifrazione è di 90°.
In questo caso il raggio rifratto è radente alla superficie di separazione.
Quando l’angolo di incidenza è maggiore dell’angolo limite, il raggio rifratto manca: tutta la luce incidente viene riflessa all’interno del mezzo da cui proveniva. Questo fenomeno è chiamato riflessione totale.
Per ottenere il valore dell’angolo limite imponiamo che l’angolo di rifrazione sia θ2 = 90°;
dalla legge della rifrazione n1 sen(θ1) = n2 sen(90°) otteniamo n1 sen(θ1) = n2, quindi l’angolo limite θL è tale che è:
sen(θL) = n2/n1 (n2 < n1).
​LE LENTI:
Uno strumento che sfrutta il fenomeno della rifrazione, utilizzandolo per focalizzare la luce e formare immagini, è la lente.
Le lenti sono impiegate in molti strumenti ottici, come gli occhiali, le macchine fotografiche e i telescopi.
Una lente sferica è un corpo di materiale trasparente delimitato da due superfici sferiche.
La retta che passa per i centri di curvatura delle due superfici è detta asse ottico della lente. Il centro della lente è il punto sull’asse ottico che ha la stessa distanza da ciascuna delle superfici.
In questa parte ci occuperemo, in particolare, delle lenti sottili, cioè di quelle lenti che hanno uno spessore molto più piccolo dei raggi delle superfici sferiche che le delimitano.
Esistono due tipi di lenti sottili:
- le lenti divergenti deviano i raggi che incidono su di esse parallelamente all’asse ottico e li fanno divergere come se provenissero da un punto sull’asse ottico, detto fuoco. (B)
- le lenti convergenti ricevono i raggi paralleli e li fanno convergere in un punto sull'asse ottico, chiamato fuoco; (A)
La distanza tra il fuoco e il centro di una lente è chiamata distanza focale f della lente.
Le lenti convergenti e divergenti possono avere varie forme.
In generale, le lenti convergenti sono più spesse al centro che ai bordi, mentre le lenti divergenti sono più sottili al centro che ai bordi.
COSTRUZIONE DI IMMAGINI CON LENTI
Per determinare la posizione e le dimensioni dell’immagine formata da una lente sottile sono molto utili i DIAGRAMMI DEI RAGGI, che abbiamo già visto per le immagini formate da specchi. Le lenti sono però diverse dagli specchi, perché i raggi luminosi possono incidere su ciascuna delle due facce della lente.
Perciò, quando si tracciano i diagrammi dei raggi, bisogna anzitutto conoscere i fuochi F da entrambe le parti della lente: ognuno dei due fuochi si trova sull’asse ottico a una distanza dalla lente uguale alla distanza focale.
I tre raggi principali per le lenti sono:
- il raggio P (parallelo), il quale si avvicina da sinistra alla lente parallelamente all'asse ottico e viene deviato in modo che passi attraverso il fuoco F a destra della lente convessa o che il suo prolungamento all’indietro, dalla stessa parte da cui proviene il raggio, passi per il fuoco della lente concava.
- il raggio F (focale), il quale per una lente convessa è tracciato attraverso il fuoco a sinistra della lente. La lente devia il raggio facendolo emergere parallelamente all’asse ottico, fondamentalmente è l’inverso del raggio P.
Per una lente concava, il raggio F è tracciato verso il fuoco dall’altra parte della lente e viene rifratto parallelamente all’asse ottico.
- il raggio M (del punto medio) , il quale passa attraverso il centro della lente. Per le lenti ideali, che sono infinitamente sottili, il raggio M continua nella sua direzione iniziale con uno spostamento trascurabile, dopo essere passato attraverso la lente.
Sia nelle lenti convergenti sia in quelle divergenti, il raggio M non viene deviato in modo apprezzabile da una lente sottile, in cui le superfici nella zona centrale sono praticamente parallele. Perciò la lente si comporta in entrambi i casi come una lastra piana a facce parallele. Poiché lo spessore della lente è piccolo, le direzioni del raggio incidente e di quello rifratto sono praticamente coincidenti.
Il tipo di immagine che si forma dipende dalla posizione dell’oggetto.
Per trovare l’immagine si possono disegnare due qualunque dei tre raggi P, F e M che partono dal punto superiore dell’oggetto.
Il punto a destra della lente in cui si intersecano i tre raggi rifratti è l’immagine del punto da cui i raggi provengono.
LENTI CONVERGENTI:
Il diagramma dei raggi mostra che se l'oggetto è molto lontano dalla lente, a distanza maggiore del doppio della distanza focale, l’immagine dell’oggetto è reale, capovolta e rimpicciolita rispetto all’oggetto.
Le gocce di rugiada possono funzionare come lenti biconvesse, producendo piccole immagini invertite degli oggetti che si trovano oltre il loro fuoco.
Anche la macchina fotografica segue questo comportamento: una superficie sensibile alla luce, posta nella parte posteriore della macchina, raccoglie i raggi provenienti dalla lente (l'obiettivo) e registra l'immagine dell'oggetto.
Avvicinando man mano l'oggetto, ma mantenendolo a distanza maggiore di f, si ottiene un'immagine reale e capovolta rispetto all’oggetto, ma risulta più grande dell’oggetto stesso.
Infine se l’oggetto è posto tra la lente e il fuoco, il risultato è un’immagine virtuale, dritta e ingrandita rispetto all'oggetto.
Uno strumento che segue questo comportamento è la lente d'ingrandimento.
LENTI DIVERGENTI:
Dopo aver attraversato una lente divergente, i raggi paralleli vengono deviati ed allontanati dall'asse della lente.
Il diagramma dei raggi indica che si forma un’immagine virtuale a sinistra della lente, in quanto se prolunghiamo all'indietro i raggi che divergono dalla lente, essi sembrano originati in un fuoco F sull'asse della lente.
In effetti, indipendentemente dalla posizione dell’oggetto, una lente divergente forma sempre un’immagine virtuale, diritta e rimpicciolita rispetto all’oggetto.
EQUAZIONE DELLE LENTI SOTTILI
L’equazione delle lenti sottili permette di calcolare la posizione precisa e la grandezza dell’immagine formata da una lente.
L’equazione è la seguente:
NB: l’ingrandimento G dell’immagine è definito allo stesso modo che per gli specchi: è il rapporto tra l'altezza dell'immagine e l'altezza dell'oggetto
Inoltre
Analogamente a prima, il segno dell’ingrandimento indica l'orientamento dell’immagine e il valore numerico ci dice di quanto l’immagine è ingrandita o rimpicciolita rispetto all’oggetto.
Queste equazioni sono valide sia per lenti convergenti che divergenti, purchè si tratti di lenti sottili.
Per utilizzare correttamente le due equazioni precedenti bisogna ricordare alcune convenzioni sui segni, elencate nel caso di raggi che provengono da un oggetto reale a sinistra della lente.
RIEPILOGO DELLA CONVENZIONE SUI SEGNI PER LE LENTI SOTTILI
IL POTERE DIOTTRICO
Per indicare il potere di rifrazione di una lente si usa nella pratica una grandezza chiamata potere diottrico della lente.
Esprime la sua capacità di modificare le direzioni dei raggi di luce entranti per focalizzarli e formarne un'immagine, reale o virtuale, ad una certa distanza dal centro del sistema ottico stesso (distanza focale).
Il potere diottrico è definito così: D = 1/f , dove f è espressa in metri.
Il potere diottrico di una lente si misura in una unità chiamata diottria:
Può essere utile sfruttare il programma Geogebra e alcune Applet per visualizzare quanto detto finora.